Giorgio Griffa & Peter Robinson: Differences in kind and rhythm, 2025 - Te Uru Contemporary Gallery

Giorgio Griffa & Peter Robinson: Differences in Kind and Rhythm, 2025—Te Uru Contemporary Gallery, New Zeland. Photo by: Sam Hartnett. Courtesy Te Uru.

Mostra

Differences in kind and rhythm

Dal 8/06/2025 al 24/08/2025
Te Uru Waitākere Contemporary Gallery, Nuova Zelanda
Credits

Curatore: James Gatt

La mostra-dialogo Differences in kind and rhythm tra Giorgio Griffa e lo scultore neozelandese Peter Robinson (Ngāi Tahu, 1966) è curata da James Gatt e organizzata da Te Uru Waitākere Contemporary Gallery in Nuova Zelanda, nell’ambito di una serie di esposizioni che mettono in relazione artisti internazionali e di Aotearoa (nome maori per la Nuova Zelanda).

Le opere in mostra, dipinti su tela di Griffa e sculture di Robinson, coprono un arco temporale dal 1972 al 2025. Pur appartenendo a generazioni e contesti diversi, Griffa e Robinson condividono un uso sistematico di forme e processi ripetuti per esplorare i concetti di differenza, variazione, trasformazione, continuità. Attraverso azioni come tracciare linee, impilare, piegare - che evocano e portano a riflettere su tempo, materia e identità - i due artisti costruiscono composizioni modulari o sequenziali che diventano mappe visive del loro stesso processo creativo, che rimane comunque aperto e vivo.

Un'installazione delle opere dinamica e curata crea continue ed efficaci relazioni tra le sculture di Robinson e le tele di Griffa, legandole tra loro e gli spazi espositivi che condividono. Accanto alla riflessione sul processo e la forma, la mostra promuove stimoli e riferimenti trasversali - dalla scienza, al numero, dalle tradizioni alla filosofia - con gli approcci e le differenze di due dimensioni culturali geograficamente lontane come quella occidentale e quella maori: ne risulta un incontro molto stimolante.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo (uscita prevista 26 luglio) che include foto delle installazioni, testi di Christina Barton, Jarrett Earnest, Justin Paton e Shannon Te Ao, e un saggio esteso del curatore.
 

Dalla presentazione del curatore

Fino a che punto due cose possono dirsi uguali? E cosa nasce, invece, dalla loro non-somiglianza? Queste sono le domande che mi hanno mosso e assorbito nell’intrecciare le pratiche di Giorgio Griffa e Peter Robinson per Differences in kind and rhythm.

Ciò che accomuna Griffa e Robinson è innanzitutto la struttura sequenziale di gesti e forme ripetute. Seguendo queste sequenze, veniamo coinvolti in un processo di emergenza: ogni nuovo elemento altera la sequenza a cui si aggiunge, in un moto di ripetizione che tende alla differenza. Ritroviamo così motivi di segni e cifre (linee, trattini, numeri), accanto a serie di oggetti accumulati nel tempo (fili metallici, cubi di alluminio, sagome di feltro pretagliato). Anche se le incontriamo come composizioni fissate sulla tela o nello spazio, esse ci costringono a immaginarne le possibili variazioni, sospesi tra le tracce del passato e una futura trasformazione. Queste sequenze si comportano come sistemi emergenti: reti in cui ogni elemento acquista senso nella relazione con gli altri. È in questa dinamica che dipinti e sculture sembrano animarsi, evolvere, persino socializzare. Ciò che percepiamo come sistemi compositivi quasi automatici si rivela invece come processi aperti, vivi, capaci di infinite variazioni.

Distribuita su tre sale, Differences in kind and rhythm si sviluppa da un uso più essenziale e lineare della forma verso trame geometriche sempre più complesse, liriche e colorate, fino ad arrivare a sequenze numeriche e spirali con riferimenti più espliciti. Questi passaggi nascono da tre legami centrali tra le pratiche di Griffa e Robinson: la ripetizione, la piega e il divenire (che potremmo definire “la possibilità della possibilità”), articolando capitoli espositivi che si sovrappongono con discrezione. La mostra si muove inoltre lungo quella linea ambigua che separa la pittura dalla scultura: solo dipinti per Griffa, solo sculture per Robinson, ma disposti in modo da dar vita a un’installazione in cui composizioni bidimensionali e tridimensionali si confrontano e si animano nello spazio condiviso.

James Gatt